Arte UN ALTRO QUI
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Furono l'avanguardia britannica, il tentativo di rinnovare una cultura isolazionista, per rompere la tradizione con un vortice di nuove energie ed esprimere l'essenzialità della vitalità e della dinamicità, tra euforia tecnologica e ricercatezza cromatica. La mostra «I Vorticisti: artisti ribelli a Londra e New York, 1914-1918», offerta dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, dà modo di colmare la carenza che, soprattutto in Italia, si ha verso la corrente artistica dei Vorticisti, un gruppo di artisti che fecero un percorso rilevante e autentico, tanto da distinguersi dalle altre avanguardie d'inizio Novecento. Anzi, a dire la verità, le avanguardie di inizio del XX secolo non sopportavano l’idea di ritrovarsi unite sotto un’unica bandiera, quella dell’arte, anche perché i Vorticisti, stretto un foedus (patto), da cui deriva anche la parola federalismo, nonostante l’origine cosmopolita degli artisti - Epstein era americano di origine ebraica, Bomberg inglese anch'egli di origini ebraiche, Gaudier-Brzeska un espatriato francese e Wyndham Lewis canadese di nascita - ci tenevano a rimarcare l’essere un gruppo inglese, prendendo distanza da futurismo e cubismo, benché più che apparire come la prima espressione di un astrattismo d’oltremanica, appaia come la risposta inglese alle tendenze artistiche del continente. Tanto che pare che il termine stesso “Vorticismo” sia stato escogitato da Ezra Pound deducendolo da un’asserzione di Umberto Boccioni.
La Mostra, davvero ben allestita, comincia con la presentazione delle opere più rappresentative nelle prime due stanze, per continuare dalla terza stanza in poi in ordine temporale. Si inizia con l’incontro alquanto solenne della riproduzione del Martello pneumatico (Rock Drill) di Jacob Epstein allo stato originale, ricostruzione fatta da Ken Cook e Ann Christoper RA dopo che il prototipo era stato smantellato dallo stesso Epstein per dare alla luce Busto in Metallo (Torso in Metal from `The Rock Drill'). L’artista quando aveva creato Rock Drill era affascinato dalle possibilità delle Macchine moderne, ma con la guerra in corso, ogni incanto diviene illusione e inganno, così dall’estetica della macchina all’opera ridotta a “nessuna fattezza umana”, con l’uomo sfigurato, pervaso di disumanizzazione e con la perdita di qualunque fascino verso apparecchi e congegni.
Wyndham Lewis, che si presenta con il dipinto La Folla, ha voglia di rappresentare la vita moderna attraverso la manipolazione che il Potere può fare sulle masse. E David Bomberg è presente nella seconda sala con Mudbath (fanghi) ambientato nei bagni pubblici di un quartiere di Londra. È un quadro astratto di grandi dimensioni in cui la forma è pura attraverso la rappresentazione cinetica. Un altro dei protagonisti è Henri Gaudier-Brzeska, autore di Testa ieratica di Ezra Pound scolpita nel marmo, opera che rivela l'interesse per le forme primitive, tipo Isola di Pasqua, se vista di fronte, ma dal retro fallico. Henri Gaudier-Brzeska sosteneva che l’anima della scultura sta nel rapporto diretto con il materiale usato, dunque né calchi né impronte, solo il rapporto diretto con la pietra.
Interessanti le opere di Epstein in cui raffigura gestazione e nascita, una scultura-totem di pietra ci mostra la venuta al mondo di un bimbo. Le forme sono semplificate, arcaiche, da un punto centrale scaturisce tutta l’energia. Bellissima la Figura femminile in flenite del 1913. Rossi e colori foschi, danza e movimento per William Roberts. Ma oltre alle circa 100 opere fra quadri, sculture, opere su carta, fotografie e stampe, si possono ammirare i due unici numeri di Blast (Esplosione, ma anche maledire), giornale in cui pubblicano poesie, riproduzioni di quadri, prosa. La rivista è divisa in bless (cose da benedire) e blast (cose da maledire). E poi c’è la Chatolic Antology di Pound con la copertina di sua moglie Dorothy Shakespear. Infine la parte forse più singolare e importante della mostra, le «vortografie» di Alvin Langdon Coburn con le prime foto astratte della storia. Immagini riprese con il vortoscopio, strumento che inventa per emulare l’astrattismo in fotografia. Ma né Pound, né tanto meno la critica apprezza quella invenzione e i risultati ottenuti. Così nel 1917 Alvin Langdon Coburn abbandona il vorticismo. Al termine del primo conflitto mondiale i vorticisti disillusi, si allontanano dal movimento. Il “federalismo” vorticistico dura il rombo di un cannone.